Che bambini e ragazzi vivano la propria età. Durante un incontro (“Diventeranno adulti ma ancora non lo sono”), tenutosi a San Lazzaro di Savena (Bologna) il pedagogista Daniele Novara ha fornito pillole formative e consigli pratici sull’educazione dei figli, con uno sguardo particolare alla responsabilità di televisione e nuove tecnologie. Il pericolo dell’“adultismo”

È fondamentale che i genitori si rapportino con bambini, preadolescenti e adolescenti secondo l’età e il loro relativo quoziente cognitivo, pur nelle difficoltà e nelle tentazioni che si incontrano nella società odierna. Devono farlo seguendo modelli educativi condivisi. Questo l’assunto sostenuto lo scorso martedì 17 marzo, in una serata a tema, tenuta presso l’aula magna della scuola secondaria di primo grado Jussi, in via Kennedy 57 a San Lazzaro di Savena (Bologna), alla presenza di numerosi genitori e insegnanti.

L’evento, dal titolo Diventeranno adulti ma ancora non lo sono,  è inserito nel progetto Osservatorio permanente sui comportamenti degli alunni. A condurlo, Daniele Novara, pedagogista, saggista e docente all’Università Cattolica di Milano, nonché fondatore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. Novara ha posto l’attenzione dei presenti sul fenomeno del cosiddetto “adultismo”: la tendenza cioè dei genitori a considerare i figli più adulti di quello che realmente sono, in quanto incapaci di sostenere determinate responsabilità nei loro confronti. Numerosi sono i fattori che, oggigiorno, contribuiscono al suo dilagare. La televisione, prima di tutto: sceneggiati come Violetta – adatti a un pubblico almeno preadolescenziale – vengono seguiti già da spettatori di otto, nove anni, età in cui le bambine preferiscono (ancora) la magia alle dinamiche tipiche della pubertà. Ma nemmeno le aziende di tecnologia vengono incontro ai genitori: vi sono infatti in commercio delle app destinate a piccoli utenti di 6 mesi, con emoticon e immagini che si animano con un semplice touch.

Il marketing ignora – o forse vuole ignorare – una questione fondamentale: non si può consegnare una tastiera (tablet, smartphone, ecc.) a un bambino che non abbia ancora compiuto 6 anni. Entro questa età, infatti, in lui avviene un importante completamento di motricità fine, ottenibile soltanto facendogli tenere in mano una biro e offrendogli la possibilità di dare sfogo alla propria fantasia su un foglio di carta. La crescita dei figli, infatti, si inquadra all’interno di fasce temporali convenzionalmente riconosciute; la “prima infanzia” va dalla nascita alla conclusione della scuola materna (0-6 anni); la “seconda infanzia” comprende i primi tempi della scuola primaria (7-9 anni); la “preadolescenza”, dagli ultimi anni della primaria fino a tutta la scuola secondaria di primo grado (10-14 anni); l’“adolescenza” riguarda infine i ragazzi dai 15 ai 25 anni, periodo nel quale si completa la formazione della corteccia cerebrale. È pertanto fondamentale che i genitori fissino le regole per i propri figli a seconda delle peculiarità di ogni fascia di età.

Il passaggio che crea più difficoltà ai genitori è quello fra la prima e la seconda infanzia. È infatti in questa fase che si rischia di commettere gli errori più gravi; primo fra tutti, responsabilizzare troppo un figlio nei confronti di un altro. Nella fattispecie di due fratelli, per esempio, di 3 e 7 anni, occorrerebbe bandire frasi – rivolte al più adulto – del tipo «Dividi i giochi con il tuo fratellino», oppure «Tu sei il più grande e devi proteggere il più piccolo», o ancora «Ciò che è tuo è vostro». La figura del fratello o della sorella maggiore costituisce un elemento positivo nella vita di un bambino, una sorta di modello da raggiungere e con il quale confrontarsi. Se i genitori responsabilizzano troppo i grandi nei confronti dei minori, commettono il grosso errore di far loro sorpassare – e quindi perdere – le fasi tipiche di crescita, invece fondamentali. Fra la fine dell’infanzia e la preadolescenza, poi, si assiste al progressivo allontanamento dei ragazzi dalla figura materna, considerata fino a quel momento una sorta di “nido” e al contestuale avvicinamento a quella del padre, visto come un vero e proprio esempio da seguire, soprattutto per i maschi.

L’educazione è la capacità di sintonizzare le regole educative con l’età di bambini, preadolescenti e adolescenti. È quindi bene non intervenire sulle singole autonomie, lasciando ai figli – come sosteneva anche Maria Montessori – la libertà di agire secondo le capacità che via via acquisiscono nella crescita. Per esempio, per la vestizione occorre attendere circa i 7 anni; per una preparazione completa dello zaino, il terzo-quarto anno della scuola primaria. Tablet e smartphone – con Internet utilizzabile senza controllo – possono costituire un serio rischio per preadolescenti e adolescenti, considerata la loro bassissima percezione del pericolo. Altro elemento da valutare è quanto l’attenzione e la concentrazione siano piuttosto limitate: in media di 15 minuti a 6-7 anni e di 45 minuti al massimo a 15-16. Sono pertanto fondamentali delle pause motorie, nelle quali bambini e ragazzi possono recuperare le energie necessarie a proseguire con impegno le lezioni. Il concetto di diritto-dovere, poi, risulta ancora incomprensibile nell’età della scuola primaria.

Inoltre, spesso vi sono due grandi sfasature – entrambe a livello notturno – riguardo al suddetto concetto di educazione. Innanzitutto il lettone: una ricerca condotta qualche anno fa dimostra che il 60% dei bambini – 1 su 5 – passa l’intera notte nel letto dei genitori; una percentuale minore, invece, vi arriva all’alba. Sarebbe bene che tale comportamento scomparisse via via dopo il compimento dei 3 anni: da questa età in poi, infatti, avvengono delle piccole rivoluzioni a livello cognitivo. In secondo luogo, vi è la questione del sonno: la sua carenza comporta addirittura danni sul piano neuropsicologico. Per esempio, i bambini della scuola primaria dovrebbero dormire almeno 10 ore per notte (per esempio, dalle 21 alle 7). Ma anche preadolescenti e adolescenti non devono farsi mancare un congruo numero di ore di riposo. Queste regole, ma in generale qualunque modello educativo venga scelto per la crescita dei figli, deve essere assolutamente condiviso da entrambi i genitori, anche qualora essi siano separati o divorziati.

Le immagini: il pedagogista e docente universitario Daniele Novara; Violetta, noto personaggio del momento; litigi tra fratelli nel gioco e bambini nel lettone.

Emanuela Susmel

(LucidaMente, anno X, n.112, aprile 2015)

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