23 ottobre 2014
La crescente disponibilità sul mercato di alimenti a base di farina di grano Khorasan (Kamut è il marchio commerciale) ci pone il dubbio se si tratti o meno di una moda passeggera.
Sempre più ricette di cucina biologica richiedono l’utilizzo di questa farina in luogo di quella tradizionale. Anche la grande distribuzione si è evoluta: alimenti a base di Khorasan si trovano in vendita anche sugli scaffali dei supermercati; e non più soltanto – come in un passato recentissimo – nei negozi “bio”.
Ma a quale prezzo? Vale la pena, oggi, a spendere fino a 3 euro al chilo contro l’euro scarso di un pacco di farina di grano “tradizionale?
D’altra parte, secondo uno studio condotto dalle Università di Bologna e di Firenze, il consumo di alimenti prodotti con grano Khorasan comporta una riduzione dei valori di colesterolo totale e di glicemia nel sangue, e ha un potere antiossidante. Abbiamo chiesto il parere Laura Rossi, ricercatrice del Centro Ricerche Alimenti e Nutrizione del Consiglio Sperimentale per la Ricerca in Agricoltura (Cra-Nut).
Dottoressa Rossi, le proprietà nutrizionali del grano Khorasan giustificano il prezzo?
Il grano Khorasan, con tanto di marchio commerciale depositato – Kamut – viene coltivato, con metodo biologico, nelle grandi pianure americane del Montana. Il costo di importazione della farina dall’America verso l’Europa e gli oneri conseguenti al deposito del marchio concorrono a incrementarne il prezzo. L’elevato costo di acquisto del grano Khorasan non è però giustificato dalle sue proprietà nutrizionali. E in tempi di crisi economica questo è un elemento di fondamentale importanza.
Quindi non si tratta di una farina straordinaria?
Il Khorasan non è una panacea, ma semplicemente una varietà di grano; contiene quindi sostanzialmente gli stessi principi nutritivi. È la sua produzione – rigorosamente biologica – che ne fa un prodotto differente. Ma non dimentichiamo che, se vogliamo spostare l’attenzione sugli alimenti biologici, il Kamut non è l’unico che risponde a questo criterio. Fra l’altro, ci sono degli studi che hanno dimostrato un dato ben preciso: il grano Khorasan rileva maggiormente per il suo valore biologico piuttosto che per quello nutrizionale. Le coltivazioni biologiche sono un modo per salvaguardare l’ambiente; che rischia di essere vanificato se il prodotto deve essere trasportato da lontano, come la farina di Kamut che viene prodotta negli Stati Uniti.
Questo però smentirebbe lo studio scientifico condotto dai ricercatori dell’Università di Firenze e di Bologna.
Innanzitutto, la maggior digeribilità del grano Khorasan è dovuta al suo elevato contenuto proteico. Lo studio universitario, pubblicato sulla rivista European Journal of Clinical Nutrition, è stato portato avanti facendo assumere ai volontari solo alimenti a base di farina di kamut, dalla pasta al pane, passando per i biscotti e altri prodotti. Quale dieta di una persona comune può rispettare questo criterio? Si tratta quindi di uno studio che, pur essendo stato correttamente condotto, ha scarsa applicabilità di salute pubblica: come molte di queste analisi, è utile dal punto di vista scientifico per capire i meccanismi, ma la sua traduzione in linee guida per una sana alimentazione è difficile.
Quale farina, fra quelle in commercio, si avvicina maggiormente a quella Khorasan in termini nutrizionali e di digeribilità?
Esistono sul mercato farine – a costi decisamente più abbordabili – ugualmente assimilabili: una di queste è la farina di manitoba, largamente utilizzata nella panificazione. E poi va ricordato che, in generale, la digeribilità di un alimento, specie di un prodotto da forno, dipende in larghissima misura dalla lievitazione: più questa è lenta e più favorisce la digeribilità del prodotto; indipendentemente dalla farina utilizzata. Non va però dimenticato, in linea generale, che è il consumo di frutta e verdura a proteggerci dalle malattie croniche. E che le vitamine e i sali minerali contenuti nel grano Kamut si trovano anche in altri cibi, per di più a basso costo. Via libera quindi ad alimenti reperibili ed economicamente accessibili sul mercato: frutta e verdura di stagione, noci, per restare nel vegetariano, ma anche pesce azzurro di piccolo taglio, carne e uova.
Autore Emanuela Susmel
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