I casi accertati e le previsioni di contagio sono sempre più allarmanti. In questo articolo, le precauzioni da prendere e i consigli del Ministero della Salute
Il 2014 sarà ricordato – fra le altre cose – per la più grande epidemia di Ebola mai verificatasi. Denominata anche “febbre emorragica da virus Ebola” per le perdite di sangue sottopelle, apparve in primis nel 1976 nella Repubblica democratica del Congo e in Sudan. In quanto a diffusione, oggi è seconda solo all’Aids, con una percentuale di mortalità del 50%. Il suo vaccino è in fase di test sui malati attuali; tuttavia, esso non potrà essere commercializzato prima del 2016.
Un focolaio significativo è scoppiato qualche mese fa in Liberia, Sierra Leone e Guinea, i Paesi tuttora maggiormente colpiti. Si è però presto diffuso a macchia d’olio al rimpatrio dei missionari e volontari infettati dai malati africani. Il virus è così arrivato in America (1 morto accertato) e in Europa (1 morto in Germania, 1 sopravvissuto a Madrid e 2 isolati a scopo preventivo in Italia). Dati aggiornati alla mano: più di 10 mila casi di contagio e 4.922 decessi, appena 27 – dei quali 10 morti – registrati fuori dai luoghi suddetti. L’Organizzazione mondiale della Sanità stima inoltre che a dicembre, in Africa, si registreranno dai 5 ai 10 mila nuovi episodi a settimana, con oltre 4.400 morti certe. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, invitando la popolazione a non farsi prendere dal panico, ha ammesso una sottovalutazione della minaccia Ebola. Infatti alcuni malati – come l’infermiera spagnola Teresa Romero, ufficialmente guarita grazie alla risposta positiva al vaccino sperimentale – l’avrebbero contratta per una negligenza: non avrebbero cioè ricevuto sufficiente formazione sul trattamento dei pazienti, né adeguati dispositivi da indossare, come scarpe o abiti.
Il Ministero della Salute italiano mette in guardia sulle possibilità di trasmissione della patologia: stretto contatto con sangue, secrezioni, tessuti, organi o fluidi corporei – feci, urine, saliva, sperma – di persone contagiate, ma anche tra ferite della pelle o delle mucose di un individuo sano e oggetti infettati da liquidi di uno colpito da Ebola, come per esempio vestiti e biancheria da letto sporchi o aghi usati. Il Ministero smentisce però che la malattia si diffonda tramite le zanzare, maneggiando denaro o prodotti alimentari, o ancora nuotando in piscina. Spiega, inoltre, che il virus viene ucciso facilmente da calore, luce solare, candeggina e sapone.
Chi non può evitare viaggi in Africa – soprattutto in Liberia, Sierra Leone e Guinea – deve prendere delle precauzioni: non toccare direttamente sangue o liquidi corporei di paziente o cadavere, né oggetti che potrebbero essere stati contaminati; non avvicinarsi ad animali selvatici, né consumare selvaggina; scongiurare i rapporti sessuali non protetti. Chi rimpatria da una zona interessata da Ebola, deve prestare la massima attenzione per qualche settimana: se compaiono sintomi come febbre, diarrea, spossatezza immotivata o altre avvisaglie gravi (quali emorragie), ci si deve immediatamente rivolgere all’assistenza medica, poiché questo pericolosissimo virus, che ha un periodo di incubazione dai due ai ventuno giorni, può essere accertato soltanto attraverso appositi test di laboratorio. E non va dimenticato che il rischio di contagio permane fino a quando esso è presente nelle secrezioni biologiche e nel sangue.
Le immagini: il virus Ebola (in apertura), la sua diffusione in Africa e un soggetto contagiato.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno IX, n. 107, novembre 2014)
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