Un’opera narrativa con un contenuto significativo può essere il punto di partenza, l’oasi di ristoro e il traguardo di arrivo di un viaggio percorso in noi stessi. Il segreto, sia che ne siamo il lettore sia che ne siamo l’autore, è metterci l’anima

Il piacere – unico, assoluto e irripetibile – di volare con la fantasia, verso luoghi fantastici, può esserci offerto semplicemente da un libro. La buona riuscita di quest’avventura immaginaria dipende soltanto da noi e dalla nostra abilità di dosarne i tre elementi sostanziali: un testo – non importa se romanzo storico, di avventura, di fantasia, saggio o altro, purché abbia un contenuto significativo –, la fantasia e, soprattutto, l’anima. Se ne siamo capaci, le pagine scritte, che i nostri occhi scorrono, ci guidano attraverso un itinerario da percorrere all’interno di noi stessi, in uno spazio tanto riservato quanto invalicabile. Ogni facciata, perfino ogni paragrafo dell’opera, può costituirne validamente il punto di partenza, l’oasi di ristoro e il traguardo di arrivo. Anche la più corta delle frasi può apparire come un chilometro già percorso, in una strada che si rivela a tratti lineare e a tratti piena di ostacoli; ma pur sempre costruttiva.

«Con la fantasia puoi esplorare mondi sconosciuti; puoi perfino arrivare a toccare la luna con un dito, senza pentirti mai di essere partito»: la citazione riportata testualmente, a noi molto cara, esprime in assoluto il concetto. La straordinarietà di questo viaggio fantasioso è rappresentata dal fatto che, qualora – per svariati motivi – volessimo fermarci, lo potremmo fare senza problemi, in qualunque momento: chiudendo il libro, ci ritroveremmo laddove eravamo un minuto prima di prenderlo in mano. Se invece abbiamo la costanza – a volte anche il coraggio – di proseguire, una volta raggiunto il traguardo, ne usciamo arricchiti interiormente, poiché ci abbiamo messo l’anima; sia che ne siamo il lettore, sia che ne siamo l’autore. Proviamo a spiegarci nel dettaglio.

Lo scrittore – uomo o donna che sia – ha in pugno l’esistenza dei personaggi che crea: questo è principalmente ciò che contraddistingue il suo viaggio fantastico da quello del lettore. L’autore pensa inizialmente a un protagonista, da animare fra le pagine della propria opera; costruisce di lui – o di lei – una descrizione fisica, spesso immagina di discorrere insieme, prima di iniziare a tratteggiarlo fra le righe del suo testo. In altre parole, lo scrittore si sente un burattinaio che maneggia i fili dell’esistenza delle proprie marionette: può decidere arbitrariamente di donare al protagonista una buona dose di crudeltà, altruismo, o comicità; può, per esempio, dotare l’antagonista di tratti caratteriali del tutto differenti. In altre parole, prova il piacere – tanto assoluto quanto effimero – del sentirsi onnipotente. A mano a mano che la vicenda viene narrata, crea nuovi personaggi da affiancare al protagonista, caratterizzando ciascuno con una specifica personalità. Può accadere – sta soprattutto qui la magia – che questi prendano il sopravvento sull’idea iniziale dell’autore e lo guidino verso uno stravolgimento della trama. Lo scrittore sperimenta così il piacere di sentirsi guidare dalla propria immaginazione, entro i confini tracciati dalle ambientazioni storico-geografiche della storia, che sembra animarsi e plasmarsi tra le sue mani. Il vero punto di forza è proprio il perimetro entro cui la fantasia può volare, avendo libero accesso alla mente e alle membra dei personaggi creati; avventurandosi all’interno delle loro vicende. L’autore prova quindi il piacere di sentirsi vivo e reale in una storia inventata da lui stesso.

Anche il lettore è parte attiva di questo viaggio fantastico: lo può essere altrettanto magicamente, rispetto all’autore, seppur in maniera del tutto differente. Sulla base della propria esperienza di vita e, in generale, della sua personalità, può arrivare a sentirsi parte integrante della storia che legge. Così, per esempio, può associare le ambientazioni geografiche immaginate nel testo – più o meno descritte –, a ricordi, piacevoli e non, conservati nella sua memoria. Inoltre costruisce, nella propria mente, una immagine dei tratti fisici dei personaggi incontrati lungo la storia letta: una persona alta o bassa, bionda o mora, con un sorriso accattivante o dal volto sprezzante. Il lettore è libero di immaginarla come preferisce, senza essere smentito da alcuno, nemmeno dall’autore del testo. Prova così il piacere di sentirsi libero di volare con la fantasia, fuori da ogni convenzione, verso luoghi che nella vita reale potrebbero risultare irraggiungibili. Questo aspetto, peraltro, costituisce il motivo per cui – talvolta – lo spettatore di un film tratto da un libro già letto ne rimane deluso: la rappresentazione cinematografica gli impone infatti dei punti fermi preconfezionati, dai quali non si può prescindere; e non è detto che questi coincidano con quanto lui aveva in precedenza immaginato.

Un libro può sciogliere le catene che opprimono la nostra quotidianità, all’interno come all’esterno di noi stessi: ci regala un’evasione psicologica che ci fa rinascere in un mondo nuovo, dandoci una seconda opportunità che, spesso, nella vita reale, non ci viene offerta. In questo senso, condividiamo appieno il pensiero di Alessandro D’Avenia, docente di Italiano e Latino nonché scrittore (vedi gli articoli pubblicati su LucidaMente Quando la morte insegna la vita e Il viaggio di Margherita alla ricerca del padre). A sèguito di un incontro avuto con i ragazzi del carcere di San Vittore a Milano, ha scritto un articolo che è stato pubblicato qualche mese fa su La Stampa: «Omar mi ha raccontato – scrive D’Avenia – che dopo un anno di carcere era disperato. La noia, la rabbia, l’odio lo divoravano. Così ha afferrato un libro, anzi un altro detenuto gliel’ha prestato. Da lì è cominciato tutto: “Leggendo quelle pagine dimenticavo di avere intorno altre sette persone e magari la televisione accesa in pochi metri quadrati. Leggendo quel libro a poco a poco mi impadronivo nuovamente dei miei pensieri e ritornavo in me. Che vita è questa?”. I libri ti ricordano cosa ti manca o hai perso».

Le immagini: locandina dell’iniziativa triestina Ruotalibro e della biblioteca del carcere di San Vittore di Milano, nonché altre icone di iniziative per la promozione della lettura.

Emanuela Susmel

(LucidaMente, anno VII, n. 82, ottobre 2012)

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