Un altro ragazzo ha incontrato la morte su un campo sportivo.

Piermario Morosini aveva appena 25 anni: era fin troppo giovane per lasciare la vita così, apparentemente senza un motivo: la sua scomparsa ci ha reso attoniti, ancor di più se proviamo a immaginare a quali e quante visite mediche specialistiche fosse periodicamente sottoposto in qualità di sportivo professionista.

Ed è accaduto – come una beffa – proprio nella giornata dedicata a 30 ore per la vita, la “macchina della solidarietà” che da un paio di anni sta marciando verso un ambizioso traguardo: quello di dotare i campi sportivi di un defibrillatore.

Proprio un defibrillatore: in molti dei casi che si sono risolti nel peggiore dei modi – con la morte dei calciatori o degli sportivi in generale - a salvare giovani vite sarebbe bastata la presenza di questo apparecchio che ha un costo inferiore rispetto alla maggior parte dei beni che non esitiamo ad acquistare al solo scopo ludico-consumistico.

E, cosa ben più importante del suo valore economico, il defibrillatore ha la capacità di salvare vite umane.

Sospendiamo per qualche minuto i nostri svaghi del week end – in particolare nel presente fine settimana dedicato a 30 ore per la vita -  e soffermiamoci a riflettere su questo aspetto, prima che sia troppo tardi.

Prima che altre giovani vite incontrino la morte per sbaglio, su un campo sportivo, mentre stanno semplicemente esaudendo il loro desiderio di giocare.

 

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